venerdì 23 novembre 2012

Hang the Fashion Editor


Vintage non è andare in giro per costosi negozi-museo milanesi a cercare un Valentino originale degli anni Sessanta, né comprare dalla vicina escort una clutch Alexander McQueen usata solo due volte.
C'è bisogno di difendere la pacifica invasione della tendenza al riciclo, seconda mano, epoca, abbinamenti originali, ristrutturazioni di abitazioni sgarrupate, trasferimenti nei piccoli centri, insomma quella mentalità vintage che dopo diversi anni dall'esplosione in altri paesi occidentali da un po' è arrivata anche in Italia? 

Per fortuna no, anzi. C'è bisogno di facilitarne l'approdo (più vintage per tutti!) perché il vintage (da qui in poi senza corsivo) finalmente ci allinea a una libertà di pensiero stilistico e a di opzioni di stile vita che altrove è scontato; qui meno.

E non vuol dire solo vestirsi con abiti usati, perché quello esisteva già come piccolo gioco delle parti tra matricole di Belle Arti o di Architettura o di Lettere che sui 19 si improvvisavano poveri (quando ce n'erano meno in giro di poveri reali) e sfoggiavano volentieri qualche macchia procurata ad arte.

Vintage non è una posa intercambiabile, non è auto-riflesso, è più vicino a consumare meno, voler bene di più, a pensare che evoluzione e crescita dipendono solo in piccola parte dal PIL ed è un incentivo simpatico a crearsi uno stile proprio lasciandosi alle spalle le pose.

Siamo esposti a comunicazione pubblicitaria massiccia da decenni, non siamo ingenui su questo, anzi dovremmo essere smaliziati. Forse è così. O forse siamo nella pancia della balena sistemati come si può, quella comunicazione di noi l'abbiamo fatta propria e capita di sentirci mentre ci esprimiamo con quel linguaggio lì come se fosse naturale: Ho comprato un caldo maglione; mi lascia le mani come seta; il mio lui mi regala un viaggio. 

Forse nel delicato neuromomento in cui ti formi le categorie interpretative del mondo non c'era altro a disposizione, le hai introiettate e ora pensi veramente che un latte detergente si prenda cura di te; che un biscotto sia goloso (lui, non tu); che sei a due passi dal sogno.
 E che Tod's ti può aiutare a pefezionarti l'identità.

Per fortuna hai una nuova occasione di riscoprire che prima degli anni Ottanta c'era qualcosa, un lungo e complesso mondo di storie sovrapponibili che canticchiano dai cappotti, dalle suppellettili, dal mobilio e soprattutto dai luoghi. Con la tua regia, non con quella di una fashion editor. 
Oggetti che, volenti o nolenti, hanno accumulato molta anima e ora, se in fondo anche tu senti che te ne manca un poco, loro te la integrano a rilascio prolungato.

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