martedì 13 novembre 2012

Quatto quatto il Tea-Rex

 

C'era una volta un apprendista T-Rex nato da non molto e comunque ancora incapace di guadagnarsi la vita a morsi.
 Trovandosi inserito in una piacevole comunità di rettili di vario tipo, ma non ritenendo di assomigliare a nessuno di loro e, trovando il posto socialmente troppo orizzontale e insoddisfacente per un giovane ambizioso come lui, decise che avrebbe ben presto cercato altrove una comunità di appartenenza, in cui liberare il suo potenziale e diventare un grande grande T-Rex.  

Così in men che non si dica si decise, salutò i genitori e anche il vicino di rifugio preistorico, che già scommetteva contro di lui con l'altro vicino più in là, e promise che avrebbe mandato messaggi tramite pterodattili viaggiatori almeno una volta ogni due settimane.
Falcatina dopo falcatina si avviò dunque seguendo il baluginare di luci apocalittiche all'orizzonte e si disse che quella era la scelta giusta.

La prima notte si accoccolò in modo alquanto sgraziato su un cumulo di felci putrescenti e venne svegliato la mattina dopo da un simpatico brontosauro che aveva lasciato una comunità di ambiziosi dopo aver perso per tre volte di fila il campionato di lancio del pugnale alla schiena e si era messo in cerca di amici come quelli che dovevano esserci una volta, prima di tutta quella competizione per lo stile di vita e il potere, nella pre-preistoria, età mitica che si poteva solo sussurrare. 



Ma il giovane T-Rex non aveva tempo da perdere con contatti poco utili per la sua carriera e continuò senza rivolgergli il benché minimo grugnito.
Dopo mille e non più mille falcatine giunse alle pendici di un monte gigantesco e strano che, invece di eruttare fiamme e lapilli, eruttava acqua. 
Il T-Rex stette per un po' ad osservarlo, estrasse il manuale dei T-Rex di successo e cercò di auto-aiutarsi a capire cosa doveva fare, consultando bene tutte le voci. Ma niente. 
Se ne stava lì e non sapeva se aggirare la montagna o scalarla. 

Proprio in quel momento il brontosauro di prima lo raggiunse trafelato e gli disse grugnendo gentile nella lingua saura comune (fatta di pochi vocaboli semplici e sempre quelli, ma efficaci, un po' come quelli delle presidenziali americane ma con molte molte più consonanti) di stare attento perché il monte era pericoloso.

Il T-Rexino si girò incattivito, quasi ribaltandosi sulle zampe per lo sdegno: nel manuale per la riuscita sociale saura stava scritto chiaro e tondo che il monte è pericoloso solo se tu lo vedi tale, quindi la forza sta in te, e non intendeva parlare troppo con uno che evidentemente non conosceva il mondo né come tirarne fuori il meglio.
Decise che il monte pericoloso non era, staccò dal più vicino albero di ramispini un reticolo di scalispini e lo lanciò con un poderoso colpo di muso sulla parete rocciosa di fronte a lui, preparandosi alla scalata con un veloce ed esperto massaggio degli alluci.

Sentendosi cacciato ancora una volta, il brontosauro rivide in un veloce flash-back i tre campionati di lancio del pugnale perduti, le facce deluse di quelli che riteneva amici e i ghigni dei brontosauri perbenisti, guardò in basso e vide che alla cintola aveva ancora il pugnale di legno, "premio" per gli ultimi della sua comunità, e provò rabbia.
Si girò per andarsene, ma poi, in un sussulto cambiò idea e tornò indietro. Chiamò a gran voce il T-Rex e gli disse che quello era un monte-non-monte, anzi di più era un megacapodoglio gigante carnivoro, un colosso imbottito di crudeltà, che aveva fatto carriera nel peggiore dei modi, fingeva di essere un monte per farsi scalare e poi inghiottiva con un impunito singhiozzo tutto ciò che gli capitava a tiro. Dopo i pasti eruttava acqua, segno della digestione, ecco l'unico modo per riconoscerlo.

Il T-Rex citando il manuale disse che non accettava influenze esterne sul suo alto potenziale da chi non valeva nulla sul mercato sauro, niente gli avrebbe impedito di vedere cosa c'era al di là.

Proprio mentre un occhio grande come la luna nera, un occhio incommensurabile e più torbido della laguna di ghiaccio nero, si stava lentamente aprendo nel centro della immensa parete e gli scalispini cominciavano a tremare furiosamente, il brontosauro afferrò dalla cintola il pugnale di legno, senza pensarci lo affilò con i denti su e giù e subito lo lanciò con tutta la sua forza verso gli scalispini.


Il lancio era complesso, le variabili del vento e dell'umidità creata dalle eruzioni d'acqua del colosso maligno imponderabili in così breve tempo. Il pugnalino ben affilato però si andò a conficcare proprio nel punto di rottura del reticolo di scalispini. Mentre un'armata di fauci mai viste né immaginate si alzavano filamentose, smisurate, immense sul vuoto di un abisso baluginante di lampi sanguigni e gemiti eterni, il reticolo franò giù portando con sé il T-Rexino, che restò lì tutt'uno coi rami, paralizzato com'era dall'orrore e dalla paura.

Balena preistorica gigantesca (e neanche la più colossale) azzanna balena solo grande
Il brontosauro arraffò il mucchio e tirando i ramispini trascinò via il tutto più veloce che  poté.

Mentre il T-Rex riprendeva i sensi, il brontosauro gli disse che il manuale dei sauri in carriera l'aveva scritto lui, eccellenza scientifica della sua comunità di arrivisti. Però il testo alla fine era stato censurato, gli era stato detto che diverse parti troppo esplicite dovevano essere espunte perché "i sauri non volevano sentirsele dire", ma lui aveva sempre sospettato che la vera ragione fosse che chi scrive quelle cose e vende sogni piramidali ed esclusivi agli altri lo fa col segreto fine di vederli finire dentro i capodogli canivori. Forse con i capodogli monti-non-monti c'è pure un accordo, chi lo sa. 
Quindi le parti più illuminanti e preziose, quelle dettate da conoscenza vera ed esperita erano state censurate per creare un'esperienza di lettura più caricata e l'adrenalina saura della competizione, che impedisce di vederci chiaro.

Il T-Rexino era senza parole, se ne stava col culosauro per terra e provava gratitudine e stupore davanti al nuovo amico e imbarazzo per se stesso; e, mentre ancora entrambi sentivano in lontananza i muggiti di sconfinata voracità delusa del capodoglio, prese la prima decisione della sua ancora breve vita saura e si disse che avrebbe rivisto tutte le sue priorità. Alla faccia dei monti-non-monti.
Poi, per festeggiare i molti giorni di vita in più che entrambi avrebbero avuto per averci visto chiaro, bevvero insieme un the di felci post-fermentate che chiamarono Tea-Rex.



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