lunedì 26 novembre 2012

Di cosa parliamo quando parliamo di primarie


Mentre si preparano quelle del centrodestra, già ieri sera a parziale chiusura delle primarie del centrosinistra sono partiti gli elogi all'esercizio della partecipazione.
Comunque vada, dicevano molti degli stakeholder fermati intorno ai seggi e molti degli opinionisti negli studi televisivi, che meraviglia vedere tutta questa partecipazione. Un po' come dire: la "gente" ci ama ancora, ma anche: ci tiene a eleggere uno di noi, ci tiene a continuare a delegare, a partecipare per procura. Se facciamo un concerto, vengono a vederci e pagano il biglietto (vabbe' prezzo politico: 2 euro), mica pretendono di suonare loro (ossia quella che sarebbe la proposta nuova e ancora sacrilega di Grillo). 

Insomma, rassicurante vedere che la partecipazione è ancora quella vecchio stampo. Con la concessione che questa volta, all'interno del tuo schieramento, puoi scegliere la tua Spice preferita; tra 5 cupcake puoi portarti a casa quella con la glassa fluorescente che hai sempre sognato.

Sì, perché se si investono così tanta energia, denari e strategie comunicative sulla "vendita" dell'evento primarie, quando sia centrodestra che centrosinistra hanno a monte, cioè sul prodotto in sé, grossa crisi di identità e di senso, stiamo parlando essenzialmente di poche cose:
  1. tramite opinionisti e media instilliamo stupore e meraviglia per qualcosa che non è poi così eclatante: la partecipazione a queste primarie come ad altre che già ci sono state in passato. Più sottolineiamo dati scontati più contribuiamo a far passare questo evento come un segno di rigenerazione, come l'alba di una novità da coltivare.
  2. Comunichiamo quindi le primarie attraverso i media come evento fondativo e di rinascita.
  3. Nel rito di rinascita ora forse verrà "sacrificato" il padre Bersani, forse il figlio Renzi (dovesse rimetterci Renzi, possiamo già immaginare un movimento "Se non ora quanto"), quello dei due che sembrerà avere le carte migliori non tanto per il futuro del Paese - di quello deciderà comunque un Monti - ma per l'autoconservazione dell'equilibrio politico, castale o meno, come abbiamo imparato a conoscerlo. 
  4. Renzi non è il primo "simpatizzante" del centrodestra o del (neo)liberismo che sta nel PD, è solo l'espressione piaciona di un'anima che, per dinamiche interne oppure esterne, già c'era ma si comunicava all'esterno più velatamente, per mimare un'unità di vedute e di intenti e per nascondere l'andatura di compromesso (sai che novità, è dal dopoguerra che il Parlamento funziona così). Dovendo presentare all'elettore stanco nuovi gusti di gelato, la comunicazione è diventata altrettanto variegata. Niente di nuovo, il PD non è mica un partito di sinistra.

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