martedì 13 novembre 2012

Gli scheletri nascosti nella credenza

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Ma quanto è risaputo che la teiera Värme dell'IKEA, forse anche perché nata sotto un nome sfortunato, è la pecora nera delle teiere del mobilificio più conosciuto al mondo?
Mal tollerata, mal vista, non ancora relegata nelle offerte, ma posizionata a un prezzo inferiore rispetto alle altre... Cosa è successo?

Soprattutto è successo che è stata progettata male, con un occhio rivolto solo al design e quasi niente all'utilizzo pratico.

Värme è un oggetto originale ma assai massiccio, che oltre a dire la sua contro le teiere tradizionali "da nonna" raddrizzandone le linee e slargandone le proporzioni ha poco altro da aggiungere.

Ma il vero problema è che nell'iperfunzionalistico impero IKEA, questa pecora smarrita semplicemente non funziona.
Non permette di versare il the o qualunque altro liquido senza rovesciare tutto malamente qui e lì - con orrorifici danni a tavolini, tovagliette, parquet e polsini in seta ed ecopelliccia.

Ora per me sarebbe anche interessante capire perché non si è pensato di fare almeno un test con il prototipo. Troppo costoso riempirla d'acqua e provarla? Forse mancavano i fondi.
Ma capisco che ci sono problemi più urgenti a cui pensare.

Soluzioni? Dismetterne la produzione? Macché, di the versato non è mai morto nessun bambino, l'ufficio legale comunica che non ci sono cause pendenti, quindi si è corsi ai ripari fabbricando all'ultimo una piccola guaina antiestetica da apporre su quella canna di fucile che doveva essere un beccuccio, e che sembra finalmente arginare i danni.

Ok, fatto: spargi l'orpello in gomma su tutte le teiere, è brutto da vedere ma pazienza, è anti-paciugo e almeno funziona. Zitti e via di borsoni blu. Tanti borsoni blu. Mal che vada la portano indietro quando vengono a chiedere le viti mancanti. O magari no.

La curva di vendita di Värme è ormai in netta discesa: il sito IKEA dà per questa settimana su molte città una previsione di vendita giornaliera di 5-6 pezzi a fronte degli 80 di altri modelli.

Forza, manca poco e quella nocciola di calvinismo rimasta affogata lassù nel capitalismo nordico del mobile low-cost potrà smettere di provare malcelata vergogna per questa piccola disgrazia così evidente, un pensiero in meno e qualche minuto in più da dedicare alla comunicazione interna e a  migliorare le relazioni con dipendenti e collaboratori.

In una fase in cui i mercatini dell'usato e la tendenza al riciclo e al restauro di oggetti di seconda mano stanno piacendo di più dei giri all'IKEA con metro e matitina forse è il momento giusto, eticamente e strategicamente, per (ri)scoprire il dolce peso delle relazioni umane e della responsabilità sociale d'impresa.

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